La sindrome del viaggiatore.


Non so perché, ma credo che il viaggio inizi a diventare la mia droga. Il viaggio mi mette a mio agio, non mi agita. Qualunque mezzo prenda, mi sento sempre su un veliero, come questo che veleggia nella baia di Lisbona. Sarà per questo che Laura, romanissima hostess della Tap non mi fa pagare la multa, pur avendo il doppio dei bagagli consentiti.

Ancora un viaggio da solo, il meglio per osservare, studiare, annotare, giocare con le ansie di chi si vede che prende un aereo per la prima volta o con la stessa paura della prima volta. Intanto, contravvenendo ai miei principi, apro una guida di Lisbona: di solito mi piace conoscere da solo i luoghi, ma avrò solo 4 ore di scalo per conoscerla, dopo averla vista solo una sera d'agosto nel 2007.

La città dei folli.


Incontrare gente folle, fuori dalle regole e dagli schemi, è la cosa più normale che ci possa essere se inizi il giro da Praza Comercio e ti infili in Rua Augusta. Un russo che da 9 anni gira il mondo in moto, un trombettista stonato, un ballerino di tip tap, e poi lui, il meglio, Premio Nobel alla "vita libera".

Occupa da solo uno spazio che di solito occupano quattro clochard. Due cani ben curati, uno a destra, uno a sinistra, più fusi del padrone. Ogni clochard ha un pezzo di cartone con il testo per la richiesta di offerte e il relativo piattino. Lui no. Lui ha diversi cartelli, con diversi piattini. Su uno c'è scritto: "qui per il vino". Su un altro: "per la birra". Su un altro ancora: "per i miei cani".Poi piattini per...whisky, rum, fumo e, naturalmente, donne. C'era anche uno per il treno, ma era vuoto. Come era vuoto quello per i vestiti e per il cibo. Non me lo spiegavo. Sono stato lì alcuni minuti, dall'altra parte della strada, e ho capito perchè. Appena qualcuno mette un centesimo nel piattino cibo, vestiti o treno, lui si alza e sposta l'offerta nel piattino per i suoi cani, o per il vino, o per le donne.
Non resisto e mi avvicino per una foto che mi avrebbe reso felice. Appena fisso l'obiettivo, lui si alza di scatto in piedi e mi mostra l'ennesimo cartello che aveva ben nascosto sotto il culo: "una foto: euro 278!".
Scoppio a ridere, come la gente intorno a me, desisto e gli stringo la mano. Hai ragione tu, la tua libertà ti è costata cara ed è giusto che ora te la faccia pagare, e bene.
Ora capite perché detesto le Lonely Planet: avete mai trovato un'emozione del genere in una di queste guide fatte per superficiali vacanzieri?
Lisbona, passionale, struggente, romantica. Portala qua la tua donna amico mio e dedicale dei versi al tramonto. Falle conoscere questo clochard. Magari potrai pure spendere 278 euro per farle una foto insieme a lui....altro che un diamante!

Da tre cose capisci che sei nel terzo mondo!


Tutte le auto sono uguali, tutte Mercedes degli anni '80 e, per i pezzi di ricambio, spazio alla fantasia!

poi....


vedi dappertutto container, con ogni provenienza, che sono stati adibiti ad abitazione, bar, ristorante, piccolo emporio dove si vende di tutto.

poi....


la rottamazione non esiste, quando un mezzo non cammina più al massimo può diventare buono per ricavarne pezzi di ricambio o come gioco per bambini.

e poi.


Discariche all'aperto che diventano il supermercato dei più disperati tra i poveri.
Ah, dimenticavo, altri dettagli per capire che sei al terzo mondo: qui l'eternit è la regola, nessuno ci fa caso. Ma come, in Europa fa venire il cancro e qua no?
E infine: vi è mai capitato nei centri commerciali di vedere i raccoglitori di vecchi telefonini, con tanto di slogan ambientali per lo smaltimento delle batterie, ecc. ecc....balle, i telefonini di 5\10 anni fa sono tutti qui, belli funzionanti!

La clinica pediatrica di Bor.


La mattina del lunedì andiamo alla clinica pediatrica di Bor. Vengono visitati bambini provenienti da ogni angolo del paese. Conosco Riccardo Panzarasa, industriale di Vigevano, che ha messo in piedi questa opera. Molti medici e infermieri hanno studiato in università italiane, specie a Padova, con l'impegno poi di rientrare in Guinea a lavorare in questa clinica. La clinica è in contatto diretto con alcuni ospedali pediatrici in Italia, dove vengono inviati alcuni bambini per le operazioni più delicate, specie quelle al cuore o ad altri organi vitali.
Mi colpisce la passione di Riccardo, che nella vita produce scarpe, anche di buona fattura. Pretende dal personale della clinica un'applicazione manageriale, e i risultati si vedono: qui sembra di stare in una clinica svizzera per efficienza, servizio e igiene.
Siamo qui perché molti dei primi bambini che la Casa Bambaran sta ospitando provengono da questa clinica. In particolare qui è ricoverata A. che è arrivata denutrita, e un'altra bambina, abbandonata dalla nascita in clinica e quasi adottata dal personale medico. Entrambe vengono inserite a Bambaran.

Casa Bambaran.


e finalmente ci rechiamo a conoscere la struttura di Casa Bambaran, dove sono inseriti i primi 14 cuccioli, con le storie di sofferenza più impensabili. Difficile non fare brutti pensieri circa le tante cicatrici che specie i più piccoli hanno su gambe e braccia, come pure sul torace e sul dorso.
Ci vengono incontro, ci saltano addosso. Maledetto quel pudore tutto occidentale che impedisce a un uomo con la barba di abbandonarsi liberamente alle lacrime di emozione. Anche stavolta, come in Bolivia, gli occhiali da sole servono più per celare le lacrime.
Mi chino, mi accarezzano i peli delle braccia, che qui sono una rarità per un uomo.

ma sarà questo il senso della vita?


Nel pomeriggio, dopo aver recuperato il sonno lasciato in aereo, torniamo alla casa Bambaran. Una serenità dolcissima, a portata di mano eppure spesso la dimentichiamo per strada.
Sarà questo il senso della vita, occuparsi nel quotidiano delle cose quotidiane di chi è piccolo ed indifeso?

Il tramonto sereno.


MI affaccio all'esterno della struttura, una strada impolverata porta dentro la foresta. La gente si affretta a rientrare nelle tabangas (agglomerati di capanne), prima che arrivi il buio quello vero, quello di una capitale di stato senza energia elettrica pubblica.
Donne che tornano dal mercato, altre che tornano dal lavaggio a mano dei panni. Qui tutto è ritmo, tutto è armonia ritmica.

Voglio il calendario di questa donna.


Si chiama Giusi, foggiana, l'età delle signore non si rivela. Dal 2008 è qui in Guinea.
Quando il destino le portò via l'altra metà del cielo, lei dapprima indossò il lutto per tre anni. Poi decise che da quel dolore doveva nascere una nuova vita. Quel dolore doveva essere seminato in Africa. Ed è lì che sta dando frutti bellissimi. Mamma Africa sa bene come curare i figli con ferite profonde nell'animo.
Mi commuovo ad ascoltare a sera la storia della sua vita, io che sono un cannibale di storie umane straordinarie.
Ora Giusi è anima e cuore della casa Bambaran, la nonna di tutti i bambini, che impazziscono quando vedono il suo fuoristrada imboccare il sentiero polveroso che porta dritto a loro.
Nel 2012 affrettatevi voi a comprare i calendari delle Manuele Arcuri, delle Belen e di tutte ste donne finte. Nel 2012 io voglio il calendario di Giusi, e di tutte quelle donne che lottano come un tigre che difende i cuccioli, di tutte quelle donne che rendono magnifica l'esistenza di un uomo.
Obrigado Giusi.

Il centro di Bissau.


Mattinata persa dietro ai documenti: residenza e patente. Per sbaglio mi fanno il visto come residente che vale 5 anni. Ora sono residente a Foggia, a La Paz, a Bissau, ma vivo a Troia.
Il centro di Bissau è un girone infernale, colorato e allegro.L'unica cosa di colore neutro è la mia pelle. Mi guardano tutti, strana la sensazione di sentirsi in minoranza per la propria pelle.
Nell'attesa per lo sviluppo delle foto tessera approfitto per rivedere Fatu. Non la vedevo da tre anni. Bellissima come sempre. Ogni volta che la vedo mi riferisce di avere una età diversa.
Il fatto è che qui i bambini hanno due età: quella delle piogge e quella delle carte.
La prima, quella misurata su quante stagioni di pioggia sono passate dalla nascita, è la più veritiera. La seconda lascia il tempo che trova, perché chi vive nelle tabangas aspetta il primo viaggio in città per registrare nascite e morti.

Prima partita a calcio a Bambaran.


Non ce la facevo più. Da sempre il mio collante coi bambini dovunque vada è il pallone. Sapevo che alla prima partita saremmo diventati ottimi amici e così è stato.
Ore 17,30. 38 gradi, ma poca umidità.
Palla al centro. Tre contro tre. Loro tutti scalzi, io come al solito con le scarpe da pagliaccio in vacanza. Il mio portiere è questo sorriso solare nella foto, sulla sedia a rotelle, in attesa di visto per venire in Italia a correggere una malformazione alla gamba destra. Para di tutto. E poi Wilson, già operato di cuore in Italia, muto, ma grintoso come Gattuso.
Abbiamo stravinto. Ma Giusi mi ha detto di fermarci perché Leandro, Wilson e Sebastiao hanno problemi di cuore.

Al centro solo gli altri.


Mercoledì 6 aprile.
Appena incrocio Giusi a colazione è raggiante come un mezzogiorno a Bissau.
E' andata stamattina presto alla Bambaran e ha passato un'ora con A., la piccola denutrita che ci era stata da poco affidata dall'ospedale.
Negli ultimi due giorni non parlava, non piangeva, non rideva.
Stamattina Giusi l'ha presa sulle gambe per darle il latte e A. ha iniziato a ridere, senza mollare la presa dal bicchiere del latte.
Poi ha leccato la sua manina con la lingua e con la mano bagnata di saliva vi attaccava tutte le briciole di biscotti rimasti sul tavolino e metteva in bocca.
Questo mi fa pensare ancora a una vita in cui al centro ci siano solo i problemi degli altri, dei poveri, degli ultimi, dei piccoli. Ho conosciuto quelle famiglie che quando si siedono a tavola non hanno la TV e si parla solo dei problemi degli altri e di come fare per risolverli.
Da queste famiglie escono figli che cambieranno il mondo.

Iniziamo a fare squadra.



A cena grande meeting tra tutti i volontari che dovranno sostenere la casa Bambaran.
Mi colpisce il carisma di frate Michael. Di origine americana, ma i genitori trasferiti nella Base Usa di Vicenza. Ora è qua, parroco della cattedrale e grande animatore di giovani. Poi Cecilia, cilena, ha studiato in Usa, venuta a Bissau per uno stage con Unicef, è finito lo stage con l'Unicef e ha iniziato il tirocinio con....l'Amore! Suor Esperanza, colombiana, di quelle suore così belle che ti verrebbe voglia di dire a Dio "non vale".
Ecco perché mi piace viaggiare, ecco perché sono diventato un cannibale di storie straordinarie di vita.

Due cose molto belle:
- per capirci abbiamo parlato in spagnolo, portoghese, italiano e un po' di inglese (finalmente una lingua in minoranza);
- vedere come i volontari portoghesi mangiano gli spaghetti è uno spasso: con forchetta e coltello...o li tagliano, oppure li afferrano con la forchetta e li avvolgono ala stessa col coltello. Magnateve er baccalà che è meglio!

Mi ha colpito Joanna, di Lisbona, molto preoccupata per un nucleo di 5 fratelli che versano in brutte acque. Si commuove nel chiedere che i 5 fratelli entrano. A lei in tasca alla fine non glie ne va nulla. Adoro questo tipo di persone. Ho deciso, nel 2012, insieme al calendario di Giusi, comprerò anche quello di Joanna che, come dicono alla periferia nord di Gorizia...sta veramente tosta!

Hai presente quando avevi vent'anni e ti chiedevano....


Giovedì 7 aprile.
Mi trasferisco a vivere nella casa Bambaran. Hai presente quando avevi vent'anni e ti chiedevano il tuo sogno e tu, in preda al più profondo ardore giovanile, rispondevi che volevi andare in Africa a vivere in una casa per bambini poveri?
Per fortuna ho avuto genitori e figure importanti che mi hanno sempre spronato a non mollare di inseguire, col coltello tra i denti, i sogni...anche quando vedi un cartello che indica che la strada è chiusa per lavori e poi magari andando oltre scopri un orizzonte insperato e rivitalizzante.
Ed eccomi qua.
Mi viene in mente la frase che Corinna ha sul suo profilo Skype: tutto ciò che non desideri ti rimarrà inaccessibile.

Arrivano i nostri!


Da Peschiera Borromeo sbarca a Lisbona un'allegra ciurma di padani veraci. Sono il gruppo che in questi quattro anni ha raccolto i fondi per la realizzazione della struttura e ha mandato periodicamente volontari dall'Italia a realizzarla.
Sono uno più fuori dell'altro, pazzeschi, gente che non ha paura di nessuna sfida, e si vede dalla loro guida.
Don Antonio Mastri, 87 anni, 117 trasfusioni di sangue negli ultimi 4 anni. Da lontano, per la sagoma, lo scambio per il gemello di Andreotti. Battuta pronta, arguzia da volpe navigata e, nonostante l'età, grande sguardo all'orizzonte.
E' bello vedere come un gruppo di persone che prima non si conosceva abbia fatto gruppo attorno a un sogno, e ora sono qui per vederlo realizzato.
Il cuore degli uomini, quando lotta per la bellezza, può fare cose impensabili.

Basta, il terzo mondo è un'invenzione.



In questi giorni ho riflettuto molto sulle sorti di questo piccolo paese e più in generale dell'Africa. Forse è il giunto il momento di dire che il terzo mondo non esiste!
Esiste solo un gruppo di centri di potere economici e finanziari che hanno la sede dei loro interessi in USA, Europa, Russia, Giappone, e, soprattutto, CINA.
I cinesi qui hanno il paese in mano. regalano infrastrutture al debole governo locale in cambio dell'esclusiva dei diritti di pesca sulle acqua internazionali guineensi, tra le più pescose al mondo. Pescano, senza criterio, senza rispetto, senza futuro per la piccola pesca locale, che ancora esce a remi, mentre i cinesi sono dotati di motopescherecci che secondo me i pesci li prendono perché si muoiono di paura al solo vederli arrivare.
Ci sarebbe anche il petrolio, ma troppo in profondità, conviene estrarlo solo quando impazza il prezzo del greggio medio orientale. Chi ne ha i diritti di estrazione? Sempre quelli!

L'acqua, il business sulla pelle dei poveri.



Con il clima e l'acqua di cui dispone la Guinea Bissau, tutte le case potrebbero avere l'acqua, ci sarebbero due o tre raccolte l'anno nei campi, si potrebbe esportare frutta e verdura all'interno, nei paesi senza mare, o in Europa.
E noi a casa Bambaran abbiamo 4 bambini arrivati con grave denutrizione.
Il primo che sento che se la prende con Dio lo apro in due come una cozza: è colpa mia, che ancora non imparo il rispetto dell'acqua, che mi faccio la doccia con la quantità di acqua che serve a un intera famiglia numerosa africana, che ancora non imparo a tirare lo sciacquone ogni tre pisciate.

Il narcotraffico in Guinea Bissau.


L'unica economia che tiene è quella del narco traffico, con frontiere inesistenti e autorità locali che si vendono per poco.
In centro vedi bambini che vanno in giro col carretto, e poi sfiammare auto di gran lusso, che il pensiero cattivo fai presto a farlo, specie quando vedi scendere un clone di un rapper americano pieno d'oro, pare che lo devono portare in processione.
A volte penso sia una vendetta di Mamma Africa contro sua sorella Europa. Lascia passare nelle sue vene le polveri bianche, perché finiscano dritte nelle narici o nelle arterie o nei polmoni di benestanti depressi.
"Tu mi togli il cuore, io ti tolgo la testa" pare voglia dire Mamma Africa a sua sorella Europa.

alcune ONG...non tutte


Senza contare il business di certa cooperazione internazionale e degli organismi internazionali: li vedi passare con certi Toyota che da soli valgono quanto un guineense medio guadagna se riesce a campare tre volte sino a 90 anni.
Mentre il resto della popolazione viaggia come animali, anzi, con gli animali.

Spero che Dio sia nero e...


Nessuno ha interesse a che l'Africa prenda coscienza di sè e si affranchi per davvero. Questi qua, se prendono consapevolezza della loro forza, ci fanno neri!
A nessuno conviene la democrazia in Africa e per questo tutti gli ex governi coloniali hanno sedi diplomatiche, bancarie, finanziari, ben impiantati qui. In prima linea, per ricordare che nessuno si metta in testa di volere un Africa soggetto veramente libero.
Mi rimane solo una speranza, che Dio sia nero e....misericordioso!

Quid est signum?


Ho ritirato la patente, anche qui hanno commesso un errore, me l'hanno data per i prossimi 6 anni. Patente per sei anni, residenza per 5 anni, sarà un segno?
Quid est signum? Signum est expressio rei latenti.

Il calcio, il cielo, lo sguardo...


Proprio oggi pomeriggio, giocando a futbol con os meninhos, stavo toccando il cielo, nulla mi pesava, nulla e nessuno mi mancava.
La cena coi bambini, già tremendamente affezionati a sto barbone. Una leggera aria che mi richiama le estati sul Gargano, che entra dalle finestre scandita dai ritmi dei tanti tamburi che si sentono battere nelle tabangas tutt'attorno.
Dopo cena, abbiamo mezz'ora prima di andare a dormire e ci sediamo sule scale, a far nulla, protetti dal cielo africano, un cielo che non viene offeso da tante luci artificiali inutili e perciò più facile da toccare.
A far nulla...solo coccolare i più piccoli e rassicurare i più grandi che il mio occhio seguisse le loro acrobazie.

E' il clima...diceva Don Bosco!


E' il clima che riusciamo a dare loro, che questi bambini ricorderanno e porteranno dentro. Se guardo a quando ero piccolo mi viene da ricordare il clima che c'era in casa di mia nonna Maria a Cantalupo. Non ricordo un gioco, o un film, o un cartone animato, o un giocattolo, o una cioccolata, o un regalo. Ricordo l'atmosfera dolce, semplice, rassicurante e protettiva, calda d'inverno e fresc in estate, che solo nonna sapeva creare.

Un piccolo reportage tra le tabangas






Suor Nella, originaria di Palagianello e pugliese verace come poche, mi invita un fine settimana nella sua missione di N'Dame, nell'interno della foresta. Ci vado con molto piacere perché sono stanco morto e perché è un luogo pieno di bei ricordi per me.
In città è sempre rischioso scattare foto, la gente non la prende bene. Qui, tra le tabangas, se molli qualche caramella ai bambini sono loro che si mettono in posa.

Il calcio è vita.







Nello spiazzale polveroso della scuola elementare incontro un gruppo di bambini. Anche qua è il calcio a fare da connubio e mi ritrovo d'incanto in un altro di quei sogni che da ventenni abbiamo fatto: giocare all'ultimo sangue su un campo impolverato all'ombra di un sapiente Baobab. Ma poi i sogni, se non li segui e insesui....
"Nel momento stesso in cui dubitate di poter volare, cessate anche di essere in grado di farlo" (J. Barrie)

E' ora di riprendere lo zaino.


L'Africa mi fa sempre questo effetto. Mi dona il distacco dalla cose pesanti, dai pensieri vuoti, dai rapporti senza senso.
L'Africa ti riporta al nocciolo, all'inconscio, al nodo, alla verità e, quindi, alla Libertà.

Torno presto amore mio, te lo prometto.


Mi guardi con quelle manine al cielo come per chiedermi: "Massi, e ora che mi ero affezionata a te, ora che ti chiamavo papà, proprio ora te ne vai?".
Hai ragione amore mio, ma torno presto.
Come un buon papà devo andare a trovare un po' di soldini e di aiuti per far crescere bene te e tutti i fratellini e le sorelline che entreranno in questa casa.
Piango a dirotto, mi mancherà la tua risata da suoneria. Ti voglio bene e ogni sera sarai nelle mie preghiere, piccolo cucciolo mio e di Mamma Africa.
Obrigado...